Avere il nome simile o uguale ad altri connazionali può portare a una serie di inconvenienti specialmente nel caso si tratti di criminale.
Vediamo due casi realmente accaduti dove i protagonisti hanno avuto il rigetto della cittadinanza italiana per uno scambio di persona.
Cittadinanza italiana negata per un precedente penale mai commesso
Muratore albanese e con regolare permesso di soggiorno sempre rinnovato, a Roland Halilaj è stata respinta la di cittadinanza. Diciassette anni fa era stato indagato per un giro di stupefacenti
Uno dei requisiti fondamentali per ottenere la cittadinanza italiana è l’assenza di precedenti penali. Per questo Roland Halilaj, nonostante abbia presentato regolare richiesta e sulla carta abbia le carte in regola per ottenerla, non l’avrà mai.
O almeno non per il momento, perché a suo carico risulta un’indagine per la produzione e lo spaccio di sostanze stupefacenti, anche se l’uomo in questione non ne è mai stato informato.
Una vicenda paradossale che però merita di essere raccontata: Roland, 37 anni e origini albanesi, è in Italia dall’inizio degli anni Duemila.
Prima ha vissuto in Emilia facendo il muratore, poi si è spostato a Meda dove vive ancora oggi con la moglie (albanese anche lei) e le due figlie che sono perfettamente integrate nel territorio della provincia monzese.
Continua a fare il muratore in alcuni cantieri della zona, ha messo su casa, come lavoratore indipendente ha sempre pagato regolarmente le tasse fino all’ultimo centesimo.
Quindi essendo residente in Italia da più di dieci anni in pianta stabile e avendo sempre ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno senza problemi ha deciso di presentare domanda di cittadinanza pensando di poter rispettare tutti i requisiti.
Passati però quattro anni dalla presentazione della domanda, termine massimo concesso allo Stato per esaminarla e dare una riposta, l’amara scoperto: il Ministero dell’Interno gli ha negato la concessione della cittadinanza italiana motivandolo con un’accusa pendente per vicende legate al mondo degli stupefacenti.
La Questura di Ascoli aperto un’indagine infatti a suo carico su incarico del tribunale di Fermo e per questo è impossibile accogliere la domanda di Roland.
Ottenute le carte tramite il suo avvocato, l’uomo ha scoperto che l’indagine è partita nel 2002 e a distanza di diciassette anni lui non ne era mai stato informato.
Inoltre, dopo un controllo più approfondito al casellario giudiziario, non risultano a suo carichi pendenti con la giustizia per lui.
Molto probabile quindi, come ha spiegato il suo legale, che si sia trattato di un caso di omonimia, di scambio di persona per dichiarazioni menzognere da parte di chi era stato fermato dalle forze dell’ordine oppure che all’epoca qualcuno abbia sbagliato a trascrivere le generalità.
In ogni caso fino a quando la vicenda non sarà stata chiarita, la domanda di Roland rimarrà bloccata, nonostante finora lui sia sempre stato considerato dalla legge meritevole del permesso di soggiorno.
Anche il sindaco di Meda, che ha avuto modo di conoscere in questi anni la famiglia, ha chiesto lumi sulla vicenda e se ne interesserà, ma adesso i tempi per lui si allungheranno.
Cittadinanza italiana negata ad un criminale, ma non è lui
Il secondo caso di omonimia riguarda Aleks Vulaj, cittadino albanese che da più di dieci anni vive in Italia e ora ha il permesso di soggiorno illimitato per un caso di omonimia con un criminale non riesce ad ottenere la cittadinanza.
Un caso di omonimia come può succedere a molti, ma per Aleks Vulaj significa non poter ottenere la cittadinanza italiana, Lui è albanese, anche se abita e risiede ufficialmente a Legnano da diversi anni ed è molto ben integrato nella comunità della cittadina lombarda.
Talmente integrato da voler diventare italiano e invece il diritto di cittadinanza gli viene negato per colpo di uno che si chiama come lui ma che non è nemmeno suo parente anche se gli sta compromettendo la vita perché si tratta di un criminale.
L’altro Aleks Vulaj infatti ha una fedina penale lunga e piena di reati. Solo che per il ‘vero’ Aleks questo significa ogni volta dover dimostrare di non essere un criminale ma una persona onesta e che lavora in maniera regolare.
Una vicenda paradossale che l’uomo ha raccontato con una lunga lettera-sfogo pubblicata dal portale degli albanesi in Italia ed è stata ripresa dal sito Legnanonews.
Ha ricordato a tutti che da più di dieci anni è residente nel nostro Paese, tra Rescaldina e Legnano, le sue due figlie sono nate in Italia e da circa un anno lui e tutta la famiglia hanno ottenuto la carta di soggiorno a tempo illimitato.
Tutto perfetto se non fosse che prima del 2004, quando ancora viveva in Albania, ha smarrito i documenti. Denuncia fatta subito e ripresentata anche in Italia, anche se all’epoca il permesso di soggiorno non gli era stato accordato.
Così per due anni aveva lavorato in ero, salvo poi riuscire a diventare regolare grazie al decreto flussi.
Ma lì sono cominciati i problemi: prima di un viaggio in Albania da Ancona un poliziotti di frontiera dubitò della sua identità trattandolo anche male, così mandò la foto segnaletica che però ovviamente risultò negativa.
E da lì ogni volta che deve passare la frontiera scattano controlli continui anche se poi risulta sempre a posto.
“Ultimamente mi stavo organizzando con il mio avvocato – racconta ancora Aleks – per chiedere la cittadinanza italiana, quando ecco che appare ancora questo problema. Mi aveva chiesto di andare al casellario giudiziario del tribunale di Busto Arsizio e chiedere una visura senza valore. E qui appaiono ancora questi due provvedimenti a mio carico dal tribunale di Cuneo dove sono avvenuti i reati e dove io guarda caso non ci ho mai messo piede”.
Anche in questo caso, nonostante abbia prodotto tutti i documenti che gli venivano richiesti c’è voluto del tempo per farsi riconoscere e comunque i reati sul casellario penale per ora rimangono.
Il suo problema è quello di farli cancellare perché altrimenti la cittadinanza italiana rimarrà una chimera.
Lui non sa più come venirne fuori ed è anche stanco di combattere per un diritto che pure avrebbe: “Non pretendo certo un risarcimento – conclude – ma almeno che possa fare la vita tranquilla, chiedendo anche la cittadinanza”.
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